Il seme della speranza e il seme dell’illusione

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Quando su giornali si pubblicano articoli in materia medica, ci sono due trappole molto grosse in cui non bisogna cadere: la prima è la verifica della validità scientifica della notizia, la seconda è la scelta del modo di comunicazione della stessa.
Nel primo caso, è fondamentale risalire alla fonte della notizia e valutare quale studio ci sia alle spalle e chi lo abbia pubblicato; nel secondo caso, sta al giornalista riuscire a non cadere nel sensazionalismo, ovvero nel restare fedele a ciò che lo studio ha dimostrato senza trasformarlo in una notizia ad impatto immediato ma non reale.

Tutto questo rischio aumenta ancor di più in ambito oncologico, perché nel terreno di chi sta affrontando una battaglia contro il tumore, in prima persona o al fianco di un familiare, è importante poter seminare la speranza, ma è facile attecchisca l’illusione che è un nemico da cui prendere le distanze.

A tal proposito condivido questo articolo preso dallo Sportello Cancro del Corriere della sera. Quel di cui parla è interessante: in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (fonte più che affidabile), si è scoperto che l’associazione della triptorelina alla chemioterapia aumenta le probabilità che al termine delle cure possa riprendere il ciclo mestruale, con il conseguente aumento della probabilità di poter intraprendere una gravidanza.

Tuttavia dal titolo “Avere un figlio dopo un tumore al seno? Ora si può!” si rischia di capire questo messaggio: fino a ieri diventare madre dopo un tumore al seno non era possibile, ora si è scoperto come fare.

Facciamo chiarezza.

L’amenorrea permanente, ovvero la perdita definitiva del ciclo mestruale, dopo chemioterapia è un evento possibile: nelle donne al di sopra dei 40 anni, essa si presenta nel 95% dei casi, mentre nelle pazienti con meno di 40 anni, l’amenorrea è reversibile nell’80% dei casi e quindi compatibile con una nuova gravidanza (fonte: Dr. Andreoletti); ciò significa che già in precedenza era possibile avere figli dopo un cancro della mammella.

Qual è dunque la notizia, privata dal sensazionalismo?

Per capirlo, dobbiamo fare un passo laterale e spostare un momento il nostro punto di vista.

Al momento dell’inizio della chemioterapia, non siamo in grado di sapere nel gioco delle percentuali quali pazienti faranno parte della frazione che non incorrerà nell’amenorrea permanente; ciò significa che il 100% delle pazienti che inizia la terapia in età fertile, deve confrontarsi con la probabilità e la relativa paura di perdere la possibilità di diventare madre. Il tutto si va a sommare ad un quadro già pesantemente sottoposto a stress emotivo, nel quale è importante trovare semi di speranza da piantare nel campo della propria proiezione futura. Solo al termine delle terapie che abbiano avuto successo si potrà quindi sapere se l’amenorrea indotta da farmaci sia temporanea o definitiva.

A mio personalissimo parere, la notizia è quindi questa: grazie a studi approfonditi, si è scoperto che somministrando triptorelina in aggiunta al protocollo di chemioterapia, aumenta la probabilità di salvaguardare la regolare funzionalità delle ovaie (nello studio in questione, la percentuale di amenorrea permanente si è ridotta dal 22% all’8%) con conseguente crescita di probabilità di poter intraprendere una gravidanza una volta terminate le cure. Questa scoperta permette di ridurre notevolmente la percentuale di donne che a guarigione avvenuta incorreranno in amenorrea permanente, e questo dato presentato al momento della diagnosi e dell’inizio della terapia può migliorare la condizione emotiva di una paziente che deve affrontare tutto il percorso oncologico nei suoi mille aspetti destabilizzanti.

Detta così, sicuramente l’emozione suscitata dal titolo dell’articolo (peraltro ben fatto) si ridimensiona notevolmente, ma è importante continuare a distinguere il seme della speranza da quello dell’illusione, e la certezza che ci dà questa notizia è che passo dopo passo stiamo riducendo le percentuali che ci fanno paura, che gli studi stanno progredendo non solo nella direzione della sopravvivenza alla malattia ma anche nella qualità della vita dopo la malattia, che abbiamo elementi in più per seminare la speranza nel campo delle giovani pazienti con diagnosi di tumore al seno.

Già questa, secondo me, è una gran bella notizia.


Cover Image is a derivated of:

Title: “M. C. Escher” by author Tekhne License: “Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)”

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