Quante volte abbiamo detto ad una persona ammalata di tumore frasi come “Devi essere forte”, “Non mollare”, “Sei un vero guerriero”? Sono espressioni che spesso vengono usate come istantanei “passepartout”, chiavi che si è in qualche modo sicuri che si adattino ad aprire ogni serratura delle emozioni racchiuse in una persona che affronta un percorso oncologico.
Spesso però sono frasi figlie di una nostra paura, quella di non sapere cosa dire e cosa fare quando una persona è chiamata a soffrire. E in qualche modo nella cultura generale si ritiene che l’incitamento sia sempre utile, che nella difficoltà ciò che serva sia lo stimolo della reazione per combattere la forza con la forza, la potenza con la potenza.
Alcune volte tutto questo può essere utile. Ma è bene scoprire quanto in certi momenti più che la forza sia utile la compattezza, la capacità di unirsi in un patto di fratellanza perché, di fronte alla potenza del rivale, ci si schieri insieme ad affrontarlo, affinché nessuno si senta solo, isolato e con la necessità di trovare nelle proprie capacità la potenza per fronteggiare un avversario che della forza fa la sua arma migliore.
Abbiamo ogni giorno l’opportunità di rivoluzionare la lotta contro il cancro nel suo significato quotidiano, trasformando il “cosa posso dire per aiutare” in “cosa posso essere per affiancare”: in questo modo la forza si troverà a sfidare la compattezza, regalando ad ogni persona, ad ogni famiglia che affronti il cancro la consapevolezza che, in qualsiasi momento della disputa, non saranno chiamati a dover trovare strumenti individuali per contrastare la potenza dell’avversario.
Possiamo essere squadra, possiamo essere il miglior esempio di squadra che si possa offrire agli occhi di un singolo e del mondo intero. E se ci riusciamo, possiamo esserne profondamente orgogliosi.