Si può dialogare di momenti di vita sportiva per offrire spunti di riflessione sulle difficoltà della quotidianità di chi combatte contro un tumore? Questa è la scommessa che offre il progetto “Atleti al tuo fianco”, guidato dal dottor Alberto Tagliapietra, medico chirurgo di Montichiari con DAF in psico-oncologia e patrocinato dalla associazione Arenbì Onlus. Oggi prende parte a questa iniziativa Lorenzo Giustino, tennista italiano di 26 anni che proprio in questi giorni ha migliorato il suo best ranking entrando a far parte dei primi 200 tennisti al mondo dopo aver raggiunto il terzo turno alle qualificazioni per gli US Open e la finale al torneo di Sibiu in Romania, vincendo nove partite consecutive in due settimane.
Ciao Lorenzo, benvenuto nel progetto “Atleti al tuo fianco”. Oggi parleremo di tennis e di tumori, spingendoti a riflettere su come vivi determinati momenti della tua vita da sportivo per offrire spunti a chi ogni giorno affronta una sfida molto importante. Prima di ogni cosa però ti chiedo di presentarti come uomo al di fuori dallo sport: chi è Lorenzo Giustino quando non si trova su un campo da tennis?
Difficile parlare di me al di fuori dal tennis, ma ci proverò. Sono un ragazzo originario di Napoli a cui piace imparare, sono un uomo molto curioso e questo mi spinge ad andare alla ricerca di informazioni per migliorarmi, in diversi ambiti. Anche riguardo alle persone sono curioso, mi definirei una persona sensibile, o meglio ancora un ragazzo empatico, perché mi piace cercare di cogliere come stanno le persone nel loro animo. Ho un personale motto che è “Ci si deve impegnare per cercare di vivere il più felici possibile”, ma non a livello materiale, a livello di ricchezza interiore. Cerco di avere sempre un’alimentazione sana e controllata, anche lo sport che faccio deve riuscire a farmi star bene con me stesso; cerco sempre di pormi l’obiettivo di migliorare in qualche modo, come atleta e come persona.
Ora che ti sei presentato, proviamo ad entrare nel tema dell’oncologia e della psiconcologia. Per una persona che affronta il cancro ci sono momenti in cui, per affrontare terapie specifiche o ricoveri prolungati, si deve allontanare da casa, rinunciando alla vicinanza di parte dei propri familiari, di molti amici, anche di alcuni elementi materiali importanti nella quotidianità come ad esempio il proprio letto. Spesso anche per diventare un tennista professionista ci si allontana da casa già da piccoli, per proseguire poi per tutta la carriera in giro per il mondo. Hai mai vissuto la sensazione della mancanza dei tuoi affetti vicino a te in momenti di particolare importanza emotiva?
La mia vita è stata molto particolare per gli spostamenti, e ogni giorno vivo la sensazione della nostalgia degli affetti: pensa che io a otto anni sono andato a vivere da Napoli a Barcellona con mia madre e mio fratello, a sedici vivevo già da solo tra Milano e Roma, mentre a diciotto anni sono tornato in Spagna, questa volta da solo. Mio fratello, a cui mi sento legatissimo, vive a New York quindi non lo vedo praticamente mai anche se cerchiamo di sentirci sempre. Però sinceramente quando mi capita di pensare che possa essere difficile stare lontano dai miei affetti, cerco sempre di ricordarmi, come hai detto tu nella domanda, che ci sono situazioni molto più complesse della mia, che c’è gente che lontana da casa ci sta con tutt’altro pensiero e preoccupazione: io sto lottando per il mio sport, per qualcosa di bello, sono un fortunato della vita per il semplice fatto di poter correre fuori sotto il sole, sembrano cose scontate ma non lo sono affatto. Posso quindi solo impegnarmi a fondo per essere felice anche nei miei momenti di difficoltà emotiva, perché restano comunque ad un grado di superabilità notevole rispetto a molte altre situazioni più ardue.
C’è mai stato un momento della tua vita in cui hai avuto la tentazione di mollare tutto quello che stavi facendo per diventare un tennista professionista?
Sinceramente posso dire che è una tentazione che spesso si è fatta presente nella mia testa. Io non ho ancora raggiunto la top100 della classifica mondiale che è l’ambito in cui un tennista trova una stabilità economica, altrimenti dipendi solo ed esclusivamente dalla costanza totale dei tuoi risultati sul campo, ma questo non sempre si verifica. Però se quando muovevo i primi passi questa altalenanza mi buttava giù, con un po’ più di esperienza ora questo pensiero se mi affossa, lo fa per un minuto, poi riprendo subito in mano le fila del sogno che mi sto costruendo.
Cosa pensi in quel minuto in cui ti affossa? Te lo chiedo perché la tentazione di mollare tutto fa sempre la sua comparsa prima o poi in chi sta affrontando una battaglia lunga ed estenuante come quella contro il cancro: sapere a cosa pensi tu per reagire, può aiutare qualcuno che sta leggendo ora.
Io quel che mi ripeto in quei casi è “Lorenzo sei un idiota”. È un po’ forte ma è così, perché come hai detto tu è l’obiettivo che fa la differenza, ma la strada per raggiungerlo può essere anche molto impervia. Ma nel mio caso specifico, tra l’altro, è anche una difficoltà relativa, e lo dico anche in raffronto al progetto a cui sto partecipando: questa iniziativa mi fa essere esempio per chi sta combattendo battaglie che sono cento volte più importanti della mia difficoltà su un campo da tennis, sono io che dovrei imparare da loro. Io adesso provo a sforzarmi e ti dico una cosa che forse può essere utile: spesso in quelle situazioni mi ripeto “Cerca di fare tutto il possibile di ciò che è in mano a te”. Tante volte ci si preoccupa e ci si scontra con le difficoltà indipendenti dalla nostra volontà e possibilità, ma questo non deve condizionare tutto quello che invece è nella nostra possibilità. Se una difficoltà mi affossa, cerco di capire cosa io possa fare e cosa invece sia indipendente da me, e mi concentro su quello che è in mia possibilità.
In questo senso, uno dei momenti più delicati per una persona che sta lottando contro un tumore si verifica quando le difficili condizioni della quotidianità minacciano la fiducia nei riguardi della guarigione; alcune volte il livello della sofferenza raggiunge livelli tali da spingere i pazienti a momenti di totale rifiuto del percorso terapeutico e buona parte del mio lavoro è concentrata sul recupero di quelle persone nelle loro motivazioni, che devono essere solide al punto da permetter loro di riprendere la battaglia per la guarigione anche in condizioni di sofferenza e difficoltà. Ti è mai capitato da tennista di essere all’interno di una partita che sembrasse a te e a chi ti stava intorno compromessa e per la quale paresse inutile lottare, mentre invece trovando il modo e la forza di reagire tu sia riuscito a vincerla?
Mi è successo più di una volta, e non è stato facile per me trovare la forza di reazione nel momento di difficoltà, figuriamoci quanto difficile possa essere per chi affronta una malattia come il cancro. Nella mia vita ho avuto diverse situazioni in cui mi sono avvicinato alla realtà dell’oncologia, e mi rendo conto che non è facile tracciare una similitudine con una sfida sportiva. Però se mi posso permettere, ci sono momenti in cui le situazioni intorno sono così ingovernabili che l’unica cosa che possiamo davvero fare è concentrarci sul nostro margine di potere sulla realtà; piccolo o grande che sia, noi quello lo dobbiamo spremere al 100%. Quello è l’unico compito sul quale ci dobbiamo concentrare, questo è quello a cui penso quando sto perdendo una partita per cercare di recuperarla.
Se tu Lorenzo Giustino potessi donare una delle tue caratteristiche da tennista ad una persona che sta lottando contro il cancro, quale tuo punto di forza ti piacerebbe regalare?
Una cosa che spesso mi dicono quelli che mi tifano è che do sempre speranza e non mollo mai, che in ogni sfida ci credo fino in fondo e che riesco a concentrarmi su come io possa essere parte attiva per fare bene in una partita. Io credo che uno dei nemici principali non solo nello sport ma anche nella vita siano le pressioni: quando la tua mente è invasa da elementi che condizionano la tua capacità di compiere un gesto, è difficile che quel gesto ti riesca in maniera naturale e al massimo della sua capacità di espressione. Per noi tennisti questo si verifica quando, ad esempio, devi giocare la prima partita di un torneo in cui hai in palio molti punti dall’anno precedente, magari distante da casa e quindi con un viaggio impegnativo e costoso. Entrare in campo pensando a queste cose distoglie dalla possibilità di concentrarsi sulla propria capacità prestazionale per raggiungere l’obiettivo, che è di vincere la partita. Ogni persona nella vita dovrebbe cercare di alleggerirsi la mente dalle molte domande che generano pressione, che condizionano il proprio comportamento e che impediscono di fare al meglio le sole cose per le quali possiamo indurre la realtà ad essere migliore. Quando mi dicono che non mollo mai e che do sempre speranza, io penso sia solo perché provo a spogliarmi dalle pressioni per restare concentrato su quel che io posso fare, anche quando le cose si mettono male. Non è questione di speranza, ma di certezza: se mi tolgo le pressioni di dosso, vedo con certezza quello che io posso fare e cosa invece è solo frutto di congetture della mente. Credo che nella malattia le situazioni che generano pressione siano infinitamente maggiori di numero e di intensità, mi piacerebbe regalare questo mio approccio mentale a chi sta lottando per la propria salute, insieme al più sentito augurio di raggiungere presto l’obiettivo primario della guarigione.
Grazie Lorenzo, oggi tu ti sei messo in gioco, hai accettato di approfondirti come sportivo e come uomo per offrire qualcosa a chi sta combattendo un tumore, e ci sei indubbiamente riuscito. Da oggi tu sei un Atleta al fianco di chi sta affrontando il cancro, tutti noi siamo fieri di vederti fregiato di questo titolo e compito, ne sarai senza dubbio all’altezza.