Parlare di lotta al cancro conversando con sportivi professionisti delle loro difficoltà e abitudini quotidiane, permettendo loro di avvicinarsi e sostenere chi sta combattendo contro un tumore: questa è la scommessa che lancia il progetto “Atleti al tuo fianco”, guidato dal dottor Alberto Tagliapietra, medico chirurgo di Montichiari con DAF in psico-oncologia e patrocinato dalla associazione Arenbì Onlus. Oggi raccoglie questa sfida Luca Vanni, tennista italiano capace di raggiungere la top 100 nel 2015 dopo uno straordinario torneo disputato a S. Paolo in Brasile; Luca ha partecipato a questa iniziativa il giorno antecedente al primo turno del Torneo Internazionale Città di Brescia, da quel giorno ha inanellato 10 vittorie consecutive vincendo sia il Torneo di Brescia sia il successivo Torneo di Andria.
Benvenuto in questa sfida Luca, oggi parlando della tua carriera da tennista andremo a toccare temi che riguardano la difficile quotidianità di chi affronta un tumore maligno, permettendo sia di far conoscere la vita di queste persone in lotta quotidiana, sia di far sentire loro la tua vicinanza come sportivo e come uomo. Prima di tutto però, dacci la possibilità di conoscerti meglio come persona al di fuori dai campi: chi è Luca Vanni in tutto ciò che non riguarda il tennis?
“Mi chiamo Luca Vanni, vengo da un paese della Toscana di 10.000 abitanti, Foiano della Chiana in provincia di Arezzo, in cui ci conosciamo più o meno tutti; della mia terra amo in particolare i campi, mi piace soprattutto d’estate a fine giornata andare con la macchina in aperta campagna, mi aiuta a pensare, a riflettere. Sono una persona che difficilmente dice cattiverie anche al peggior nemico, trovo fondamentale la sincerità anche nelle piccolissime cose: per esempio quando mi chiedono <Come stai?> che sembra la domanda più banale del mondo, cerco sempre di rispondere chiedendomi davvero come sto, per cui raramente mi esce un semplice <Bene grazie e tu?>; però sono un uomo che è contento e grato alla vita per quello che mi offre ogni giorno. Sono fortunato perché girando il mondo ogni settimana, posso cogliere molti aspetti di come le persone vivano in maniera diversa la propria vita nei vari spazi del pianeta Terra, e guardando dentro me stesso posso solo essere felice per aver avuto in dono la mia vita, non solo con il mio lavoro ma anche con la mia famiglia, la mia ragazza, i miei nonni, i miei amici e affetti.”
Entriamo ora nel cuore di questo progetto, avvicinandoti a chi sta affrontando un tumore maligno. Un aspetto su cui in psico-oncologia lavoriamo molto è aiutare la mente della persona ammalata e dei suoi familiari all’interno della sfida da affrontare, allontanando i dubbi di eventuali rammarichi: spesso infatti avviene che si giunga alla diagnosi dopo che un sintomo non specifico come un dolore, la perdita di peso o la tosse, avesse fatto la sua comparsa senza venire approfondito. L’idea di essere colpevoli di essersi presentati in ritardo ai controlli è un nemico insidioso per la lucidità dei pazienti, da tenere lontano dalla mente. Tu sei un tennista esploso sportivamente ad un’età abbastanza matura, raggiungendo il tuo best ranking a 29 anni: ti è mai capitato di dover affrontare il dubbio che se avessi fatto il salto di qualità prima, oggi avresti potuto essere un tennista migliore?
“No, non mi è mai capitato, perché secondo me quello che sono oggi lo devo a tutto quello che ho dovuto affrontare. Io ho avuto due interventi alle ginocchia a 21 anni e uno a 28, mi hanno ricostruito il tendine rotuleo e un menisco mediale, non proprio una cosa semplice; però ho sempre pensato che fosse un percorso della vita, senza mai avere il rammarico di quel che avrei potuto essere senza quegli infortuni. Anzi, molto probabilmente senza quegli infortuni non avrei mai raggiunto la top100 come in seguito ho fatto, perché per me era diventata una sfida, diversa da quella che mi ponevo ogni settimana sui campi, un qualcosa di più profondo: l’obiettivo non era tanto guarire prima, ma fare il possibile e più del possibile perché il tutto si trasformasse in fame di lotta, di rivincita, di resistenza e reazione al tutto. E in qualche modo ci sono riuscito.”
In tutte le situazioni della vita, compresa la malattia, quando gli eventi sembrano prendere una direzione negativa è molto difficile mantenere la lucidità e resistere alla tentazione di mollare tutto, rifiutando sacrifici e fatiche perché li si vede inutili. Ti è mai successo di trovarti nello sconforto sportivo al punto da pensare di buttare le racchette per sempre?
“Sì, mi è successo molte volte, anche di piangere da solo in camere di hotel all’ennesima sconfitta, quest’anno ad esempio non si è rivelato particolarmente felice anche se chiuderò intorno alla posizione 200 (in realtà dal giorno successivo Luca Vanni vincerà dieci partite consecutive aggiudicandosi due tornei e chiudendo alla posizione 157, n.d.r.) che comunque è una posizione per cui un ragazzo che inizia la stagione da 400 del mondo ci metterebbe la firma; però io devo ammettere che non è andata come volevo, il che non significa necessariamente che sia andato male. Avevo altre aspettative, ma ci sono stati vari ostacoli anche di salute da affrontare, ho avuto la mononucleosi, ho fatto anche diversi errori, però succede di dover affrontare tutto questo, anche se è l’esatto opposto di quello che mi sarei auspicato. Tuttavia so che devo stringere i denti, perché il tennis resta il mio obiettivo, fino ad oggi mi ha dato tantissimo e continuando mi darà ancora di più come persona umana; è la mia sfida e anche nello sconforto devo trovare il modo di reagire, è doveroso.”
Una persona ammalata di cancro, dal primo momento in cui le viene comunicata la diagnosi aspetta con trepidazione la possibilità di sentirsi dire “sei guarito”; eppure anche dopo la guarigione c’è bisogno del supporto psico-oncologico, perché affrontare le tappe del follow-up di controllo in cui ci si sottopone ad esami programmati, spesso espone le persone a livelli di stress ed ansia molto elevati, che non avrebbero pensato di conoscere visto il raggiungimento dell’obiettivo “guarigione”. Per un tennista, uno degli obiettivi della carriera è entrare in top 100, come tu hai fatto nel 2015: come si vive da sportivi il raggiungimento di un traguardo molto ambito per poi accorgersi che in realtà ti aspettano altre sfide che metteranno in discussione questo traguardo immediatamente dopo, per le quali se non sei ben preparato potrebbero crearti un contraccolpo molto dannoso?
“Trovo quel che dici verissimo nella mia esperienza tennistica, infatti io ho pagato quest’anno il raggiungimento di quel traguardo perché le sconfitte in certe partite, pur molto lottate, pur con avversari di livello, mi hanno un pochino buttato giù e l’errore che io ho fatto in quel caso è stato di essermi un pochino seduto sul nastro di quel traguardo chiamato top100. Non mi viene facile ammetterlo, perché la ritengo una cosa molto intima, lo faccio nell’identità di questo progetto, ma non è facile per un tennista ammettere questo. Mi sono sentito come se avessi scalato una montagna con enorme fatica e improvvisamente, al termine della scalata, dovesse essere tutto in piano senza fatica, mentre invece mi sono trovato d’innanzi a nuove difficoltà di salita e discesa. Ho sentito il mio corpo rilassarsi per il traguardo raggiunto, come se arrivare top 100 a 29 anni potesse essere il completamento della mia impresa, senza chiedermi come potesse essere l’impegno successivo. Sinceramente, io questa cosa l’ho un po’ patita dentro di me.”
E qual è la cosa cui ti sei aggrappato per reagire a questa situazione?
“Mostrare a me stesso che voglio ritornare numero 100 del mondo, e fare anche meglio. Ho capito che avevo bisogno di un nuovo obiettivo, e questa è la mia nuova sfida. E l’unico vero fallimento non sarà mancare l’obiettivo, ma non provarci con tutto me stesso: io adesso mi sento determinato per questo, sono pronto a fare il mio massimo e sarà questo che mi farà raggiungere il traguardo, a prescindere dal risultato.”
Grazie Luca, hai avuto coraggio usare le parole per metterti a nudo con noi, mostrarci le tue paure e le tue debolezze prima ancora di poter sapere che subito dopo ci avresti dimostrato nei fatti la tua potenza, cosa voglia dire reagire, cosa significhi raggiungere le vittorie affrontando le difficoltà. Hai compiuto qualcosa di straordinario, perché hai concretizzato in pochi giorni da questa testimonianza la sintesi più elevata del confronto con le avversità, con la sfida e con la vittoria. Tu da oggi sei un atleta al fianco di chi sta lottando contro il cancro, aiuterai molte persone e molte famiglie a credere nel proprio obiettivo semplicemente scendendo in campo da Luca Vanni, non ti serve nient’altro.