La lotta al cancro e il mondo dello sport si incontrano nel progetto Atleti al tuo fianco, con l’obiettivo di raccontare la quotidianità di chi affronta un tumore e di far sentire loro la vicinanza degli sportivi professionisti. Il progetto è patrocinato da aRenBì Onlus ed è curato dal dott. Alberto Tagliapietra, medico chirurgo bresciano con diploma d’alta formazione in psico-oncologia. Entra a far parte di questa squadra Nikoleta Stefanova, campionessa italiana del tennistavolo, vincitrice degli Europei con la Nazionale Italiana e di più di 30 trofei tra Champions League, scudetti a squadre e individuali.
Ciao Nikoleta, benvenuta nel progetto Atleti al tuo fianco; in questo progetto, lo sport diventa spunto per raccontare alcuni aspetti della quotidianità delle persone che stanno combattendo contro un tumore maligno. Partiamo in questo percorso insieme, per il quale è necessario conoscerti meglio: ci racconti come si svolgono le tue giornate, sia per quanto riguarda il versante sportivo, sia per quello più personale della vita fuori dalla palestra?
La mia quotidianità è completamente cambiata da quando ho tre meravigliosi bambini, diciamo che la Nikoleta sportiva ha felicemente accettato di passare in secondo piano rispetto alla Nikoleta mamma. Prima di tutto questo, quando gareggiavo, la parola d’ordine era “sacrificio”: la mia giornata, quando non ero impegnata nelle competizioni, era infatti farcita di costanti allenamenti, di circa 3-4 ore alla mattina e altrettante di pomeriggio. Nei periodi delle competizioni invece, ero sempre in viaggio. Non posso dire coltivassi molto una vita privata, tutto ruotava intorno alla mia attività sportiva: se adesso ci penso, anche tutti i rapporti interpersonali nascevano in palestra. Da quanto sono mamma invece, gli allenamenti sono notevolmente diminuiti: ad oggi insegno, e ho il piacere di seguire nella crescita sportiva il mio primo figlio, che da poco ha iniziato a giocare.
La famiglia è la casa dei sentimenti per una persona che riceve una diagnosi di cancro. Un tumore coinvolge infatti non solo il paziente ma tutte le persone che compongono il suo nucleo familiare, nelle emozioni e nelle paure, negli impegni e negli spostamenti da affrontare. È un percorso condiviso, in cui ognuno è necessario trovi la lucidità mentale per fare la sua parte, a volte piccola ma determinante, anche se questo non è sempre facile. Tu sei nata in una famiglia in cui il tennistavolo era già un elemento fondante: tuo padre era infatti un campione di ping pong. Sei arrivata a questa disciplina quindi in modo non autonomo: è stata per te è una risorsa in più o un limite con cui doverti costantemente confrontare, senza poter in qualche modo scegliere di fare altri sport?
Io sono nata in una famiglia di sportivi e questo ha fatto sì che io non avessi davvero una possibilità di scelta per cominciare questa disciplina. La mia valutazione di questa situazione è totalmente differente oggi rispetto a quando la vivevo da giovane giocatrice: infatti, durante il mio percorso sportivo ho più volte pensato che fosse stato uno svantaggio dover subire questa scelta che era, in realtà, un’imposizione. Però devo riconoscere che oggi, dopo tutti i sacrifici e i risultati ottenuti, avere avuto una famiglia che mi instradasse su questo sport è stata probabilmente la più grande risorsa che mi sia stata donata. Ci è voluto del tempo, ma oggi di questo sono certa e felice.
La battaglia contro il cancro è un tema che coinvolge tutta la società civile, che sia o meno a contatto diretto con una persona che ha ricevuto una diagnosi di tumore maligno. Dobbiamo capire che non ci si deve concentrare solo sull’esito della malattia, ovvero la sopravvivenza o la morte: per quanto sia fondamentale, quello è il risultato di un percorso, lungo il quale vi sono infinite variabili da affrontare, per le quali ogni persona può e deve fare la sua parte per aiutare chi le incontra. Incominciare a parlarne senza paura è un primo grande passo per abbattere la sensazione di isolamento che vive chi si accorge di avere persone intorno che vogliono soltanto sapere se arriverà o meno la guarigione, senza occuparsi delle situazioni del giorno dopo giorno per raggiungere quel traguardo. Il tennistavolo è uno sport sul quale si illuminano i riflettori della nazione principalmente quando vi sono o i giochi olimpici, o le grandi competizioni continentali e mondiali. È fastidioso per un’atleta come te dover lavorare ogni giorno in palestra lontana dall’interesse della massa per poi vedere presentarsi il grande pubblico in occasione degli eventi maggiori, concentrandosi solo sull’eventuale medaglia finale?
Questa è una circostanza che nel nostro sport viviamo quotidianamente: non vi è infatti un grande interesse intorno a noi e alla nostra attività, mentre quando c’è qualche grande evento vengono accesi i riflettori e veniamo posti al centro dell’attenzione per la possibilità di raggiungere traguardi. A me personalmente, questa situazione non crea fastidio: il problema infatti non colpisce tanto noi atleti. Secondo me le vittime di questo atteggiamento sono il pubblico di giovani, che non ha occasioni così frequenti di vedere, conoscere e avvicinarsi a questo meraviglioso sport: se ci fosse un’attenzione più costante alla nostra attività, credo che molti ragazzi e ragazze sarebbero incuriositi e si spingerebbero a contatto con il tennistavolo con maggiore frequenza.
Quando una persona riceve una diagnosi di tumore, il primo impatto è scioccante. Il rischio che spesso si manifesta, è che ci si senta di fronte ad un avversario imbattibile, che non si disponga di strumenti sufficienti per sconfiggerlo. Nel tennistavolo, il dominio della scuola asiatica, soprattutto cinese, si manifesta in tutte le competizioni mondiali ed olimpiche: da sportivi, cosa si prova quando ci si avvicina ad una manifestazione importantissima con la sensazione interiore di doversi confrontare con avversari che non si ha la possibilità di battere?
Provare la percezione dell’impotenza di fronte ad un avversario è una sensazione molto sgradevole, anche se mi rendo conto del diverso impatto che ne si ha in un ambito sportivo e nell’oncologia. Io ho sempre pensato che si debba porre l’attenzione non tanto sull’avversario, quanto su noi stessi, per tirar fuori tutta l’energia e tutta la forza che si possiede. Non puoi veramente sapere prima se un avversario sia imbattibile o solo molto difficile: nella mia storia sportiva, mi è capitato di sconfiggere per ben due volte la campionessa mondiale e olimpica in carica in quell’anno, di origine asiatica. Per me è stata una soddisfazione enorme, proprio perché probabilmente in molti avrebbero ritenuto quell’avversario imbattibile per me. Io mi sono concentrata su me stessa, sulle mie capacità e ho cercato di giocare al meglio, il risultato è stato una conseguenza di questo; ma se non ci avessi creduto, se avessi mollato ancor prima di accettare la sfida e combatterla, allora sì, avrei sicuramente perso da subito.
Parliamo di prevenzione e diagnosi precoce. Il melanoma è il tumore maligno che origina dal melanocita, cellula presente in gran parte nell’epidermide e che si manifesta come un neo sulla cute. Non tutti i nei sono melanomi, ma ci sono cinque caratteristiche che fanno sospettare che un neo possa essere un melanoma, riassumibili nelle prime cinque lettere dell’alfabeto: A come Asimmetria (il neo non ha forma simmetrica e regolare), B come Bordi (i contorni del neo sono frastagliati), C come Colore (il neo ha più sfumature di colore), D come Dimensioni (il neo è grande almeno 6 mm) ed E come Evoluzione (il neo ha cambiato la sua forma nel tempo). Un neo con almeno una di queste caratteristiche deve essere controllato da uno specialista, che lo valuterà per capirne la potenziale pericolosità. La prevenzione in oncologia deve essere finalizzata al poter disporre di una qualità della vita più elevata, ed è determinante. Che importanza ha la pianificazione cui un atleta del tennistavolo si deve attenere per poter disporre di una maggiore capacità prestazionale agonistica?
Gli aspetti che un giocatore di tennis tavolo deve programmare e rispettare sono molteplici. Senza ombra di dubbio direi anzi che ogni singola azione deve essere fatta ed eseguita secondo uno schema particolare che è stato precedentemente studiato, in ogni suo aspetto, non solamente quello tecnico. E, giustamente, non basta poi la corretta pianificazione, perché non è un esercizio fine a se stesso: il tutto deve poi essere finalizzato, eseguito per garantirti come atleta la massima prestazione possibile. Può sembrare un sacrificio inizialmente, ma ciò che fa la differenza è l’obiettivo finale e le probabilità che crei per poterlo raggiungere.