Parlare di cancro in maniera libera con sportivi professionisti, conversando sulle loro difficoltà e abitudini nell’agonismo ma ponendo la luce su aspetti della quotidianità di chi sta combattendo un tumore: questa è la scommessa che lancia il progetto “Atleti al tuo fianco“, guidato dal dottor Alberto Tagliapietra, medico chirurgo di Montichiari con DAF in psico-oncologia e patrocinato dalla associazione Arenbì Onlus e da Lea Pericoli e Nicola Pietrangeli. Oggi raccoglie questa sfida Federica Di Sarra, tennista italiana vincitrice di due medaglie ai Giochi del Mediterraneo del 2013 e recente finalista alle pre-qualificazioni agli Internazionali Femminili di Tennis al Foro Italico a Roma, risultato che le ha permesso di accedere con una Wild Card al tabellone di qualificazione.
Ciao Federica, benvenuta nel progetto “Atleti al tuo fianco”. Oggi converseremo di tennis in una maniera diversa dal solito, sfruttando la tua esperienza sportiva per parlare della quotidianità delle persone che stanno affrontando e combattendo un tumore. Per avvicinarci a questo tema, dacci modo di conoscerti meglio; parlaci di te, raccontandoci alcuni aspetti di Federica che ancora non conosciamo, anche quindi oltre il tennis.
Ciao a tutti, sono felice e onorata di partecipare a questa iniziativa; rispondere a questa domanda è un po’ difficile, ma proviamoci lo stesso. Io sono Federica Di Sarra, 27 anni compiuti subito dopo aver giocato un bellissimo torneo al Foro Italico. Coltivo indubbiamente delle passioni al di fuori del tennis ma, volenti o nolenti, la racchetta è sempre il centro della mia attenzione. Per moltissimi anni la mia vita è stata completamente consacrata a questo sport anche se devo dire che, negli ultimi anni, ho un po’ abbassato i ritmi. La motivazione principale sta nel fatto che mi sono dedicata anche all’insegnamento ma sono riuscita comunque a ritagliarmi degli spazi che mi hanno permesso di dedicarmi anche ad altri hobby. Nella mia vita sono infatti presenti anche l’ippica ed il pilates, due discipline che mi piace praticare e che si integrano bene in questo mio personale percorso, arricchendolo di esperienze positive. Immagino questo non fosse una cosa conosciuta di me.
Grazie per questa rivelazione, che ci offre lo spunto per partire. Hai parlato di arricchimento con esperienze positive: anche nel mondo dei tumori, spesso costellato di difficolta enormi, molti pazienti raccontano che ci sono esperienze che effettivamente migliorano e arricchiscono il loro percorso oncologico; una di queste è la condivisione delle storie con i compagni di stanza durante i ricoveri. Molti sono i racconti di legami nati fra famiglie che non si conoscevano ma che condividono emozioni, paure e speranze insieme, aiutandosi nella gestione delle stesse. Il tennis è uno sport indubbiamente individuale ma c’è stato un momento nel tuo percorso sportivo in cui tu, insieme ad altri compagni, avete rappresentato collettivamente la nostra nazione: sto parlando dei Giochi del Mediterraneo del 2013, manifestazione nella quale hai vinto due medaglie. Raccontaci quell’esperienza: la condivisione del percorso con dei compagni di avventura ti ha aiutato a raggiungere l’obiettivo finale?
Quell’esperienza è stata qualcosa di unico nel mio percorso tennistico perché effettivamente non aveva nulla di individuale: noi eravamo là per rappresentare l’Italia. Io ero squadra con Marco Cecchinato ed altri due testimonial di Atleti al tuo fianco, ovvero Anastasia Grymalska e Stefano Travaglia; formavamo senza dubbio un gruppo unito, ci sostenevamo a vicenda con il tifo e l’amicizia: un’esperienza molto rara nel mio sport perché, coma hai giustamente detto tu, il tennis è una disciplina per lo più individuale. È veramente raro vivere esperienze di condivisione di obiettivi che sono sia personali sia di squadra: senza dubbio questa compattezza di gruppo è stata determinante per vincere e portare con il mio tennis ai colori italiani due medaglie, una d’argento nel doppio in coppia con Anastasia e una di bronzo nel singolare. Mi resta di quell’esperienza un ricordo stupendo, avere i miei compagni al mio fianco è stato determinante per questo.
Il percorso verso la guarigione non è sempre lineare e progressivo: ci sono momenti nei quali i referti degli esami danno dei buoni segnali e altri in cui ci sono peggioramenti per quanto riguarda l’evoluzione in seguito alle terapie. Ciò non compromette la situazione perché alla guarigione si arriva anche attraverso situazioni di peggioramento della malattia, anche se in quel determinato momento è difficile crederlo per il paziente e la sua famiglia. In un aspetto prettamente sportivo, anche nel tennis l’obiettivo finale è la vittoria ma ciò non toglie che l’andamento all’interno della partita sia irregolare e contempli alti e bassi. Come convivi con i momenti di sconforto presenti all’interno di una gara, quando sembra non riuscirti niente ma, al tempo stesso, dentro di te sai che devi trovare un modo per reagire perché la partita fino all’ultimo punto non è mai persa?
Mi è capitato proprio recentemente, nelle ultime due partite che ho fatto al Foro dove, dopo una serie di vittorie, ho avuto andamenti altalenanti: nella prima ho iniziato male e poi ho recuperato, nell’ultima ho iniziato bene e poi purtroppo ho ceduto. Il tennis è uno sport un po’ beffardo, bisogna sempre mantenere la lucidità, non perdere la calma, provarci e lottare, perché una palla, un nastro o una riga possono cambiare l’esito di un’intera lunghissima partita. Farsi influenzare da un risultato parziale non porta a nulla di positivo: per uscire dal campo soddisfatta, al di là dell’importante vittoria finale, devo sempre pensare di giocare al meglio il momento in corso, anche quando la situazione appare come difficoltosa. Questo è il mio appiglio emotivo quando in una partita vivo un momento di sconforto in mezzo alla gara.
Il cancro è invasivo non solo nel corpo ma anche nella mente; è importante acquisire strumenti per impedire che le pressioni emotive esercitate dalla malattia possano invadere e danneggiare la quotidianità anche nelle sue azioni più abituali, come ad esempio il semplice alzarsi dal letto, avere una vita sociale soddisfacente o spendere tempo in qualcosa che ci fa stare bene. In ambito agonistico, come gestisci tu l’invasione nella mente di paure e pressione emotiva quando ti ritrovi, ad esempio, a giocare partite importantissime al Foro italico e i gesti tecnici abituali rischiano di risentirne e diventare tuoi nemici?
Guarda, il tennis è un allenamento di gesti molto simili che verranno effettuati ed adattati in situazioni diverse l’una dall’altra in seguito, nonostante siano sempre i medesimi sotto il profilo tecnico. Quel che dici tu è vero, la pressione rischia di impedirti di eseguire quei gesti in maniera rilassata e sicura come hai sempre fatto. Mi è successo anche nell’ultima partita al Foro contro la Ozaki al primo turno delle qualificazioni, dove avevo iniziato bene, sentivo la palla benissimo ma poi, forse per la stanchezza accumulata nei giorni precedenti, la lucidità mentale è andata via via svanendo. Lì ti ritrovi improvvisamente a fare i conti con l’incapacità di tirare un dritto in campo, gesto che hai fatto milioni di volte nella tua vita, e magari capisci che in quel momento la partita rischia di sfuggirti di mano, come è effettivamente poi successo. Bisogna comunque rendersi conto che siamo in un percorso fatto da tappe che sembrano più grandi di altre, ma comunque effettivamente tappe restano. É importante ripartire con la coscienza di essersi arricchiti in esperienza e determinazione, per finalizzare il tutto al punto successivo o anche al torneo successivo, che magari è completamente diverso sotto il profilo della pressione e della comodità, ma è effettivamente la tappa successiva. Le tappe possono essere negative, è importante mantenere la direzione positiva del cammino.
Un’ultima domanda per te. Qual è una cosa che ti ha insegnato il tennis e che ti piacerebbe riuscire a trasmettere a qualcuno che non ha mai praticato il tennis e si trova, da un giorno all’altro, ad affrontare una sfida che è primaria rispetto a qualsiasi altra sfida o ambizione della vita precedente?
Spesso la vita ti impone delle sfide uno contro uno, nelle quali è fondamentale che tu riesca a crescere come persona, da contrapporre a quell’avversario che la vita stessa ti presenta senza che tu lo possa davvero scegliere. La sfida in corso deve diventare anche uno strumento attraverso il quale crescere, costantemente, secondo dopo secondo, colpo dopo colpo. Contemporaneamente, è fondamentale non perdere di vista la possibilità di rendere meno pesante quello che stai affrontando: ci sono delusioni e soddisfazioni, ma tu devi riuscire a mantenere il posto di pilota sul tuo umore. Nello sport questo si chiama divertimento, nella vita non è forse la stessa cosa né così facile cercare di raggiungerlo; ma se puoi fare qualcosa di buono per te, allora sei chiamato a farlo, in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello. Il tennis mi ha insegnato anche questo.
Grazie Federica, le tue parole traboccano di sensibilità, che sarà il vettore per fare breccia in chi le leggerà, in qualsiasi momento, in qualsiasi posto. Da oggi sei un Atleta al fianco di chi sta affrontando il cancro, porta con orgoglio sul campo con te questo titolo, in ogni colpo e in ogni sfida.