Ci sono atleti che possono offrire ai malati di cancro un piccolo e inconsapevole esempio di come nella vita abbiano dovuto affrontare esperienze che sul piano sportivo li hanno obbligati a rimettere in discussione la propria esistenza, a ripartire da capo proprio quando la carriera stava restituendo loro i frutti degli sforzi seminati.
Questa è la storia di Karin Knapp, una ragazza nata nel 1987 nel cuore della Val Pusteria in Alto Adige che nella vita ha scelto di fare la tennista.
Il tennis è uno sport particolare: ogni settimana in tutto il mondo ci sono dei tornei di valore agonistico ed economico molto diverso; se ottieni qualche vittoria nei tornei di valore più basso, puoi lentamente salire la classifica mondiale per avere accesso a quelli di maggiore prestigio. Inoltre, c’è un altro fattore molto meritocratico in questo sport: sponsor esclusi, solo con le vittorie sei artefice del volume dei tuoi guadagni, solo superando turni puoi permetterti di pagare staff e spostamenti in tutto il mondo. Ogni settimana, si resetta e si riparte: nuovo torneo, nuovi avversari, nuove sfide.
Karin Knapp muove i suoi primi passi nei tornei professionistici minori nel 2003 e, risultato dopo risultato, quattro anni più tardi esordisce nei tornei del Grande Slam, il massimo livello di competizione per un tennista.
Nel marzo del 2008, a soli 21 anni, Karin è la giocatrice numero 35 al mondo
e si prepara a partecipare alle Olimpiadi di Pechino, ma da una visita di controllo emerge un problema cardiaco che la obbliga a fermare l’attività per un lungo periodo e le impone due interventi di cardiochirurgia; nel momento di riprendere a giocare, ci sono nuovi problemi: questa volta è il ginocchio a tormentare la tennista altoatesina, con una fastidiosissima infiammazione che la ferma nuovamente, facendola precipitare nella classifica mondiale.
A luglio 2010 Karin riprende a giocare dalla posizione 616,
ad un abisso di distanza dalle vette toccate precedentemente, con la possibilità di accedere solo a quei tornei minori conosciuti agli esordi; nonostante ciò, accetta la sfida di riprendere per mano la sua carriera per guidarla non più sui campi di Wimbledon ma su quelli di Brescia, Padova e Campobasso, scommettendo su se stessa, sul fatto che
i suoi risultati siano la conseguenza del suo valore e non il contrario.
Settimana dopo settimana, torneo dopo torneo Karin raccoglie i risultati del suo lavoro e il 9 agosto 2015, a distanza di cinque anni dalla ripresa agonistica, stabilisce il suo best ranking: è la giocatrice numero 34 della classifica mondiale, meglio di quanto avesse mai fatto in passato.
Cinque anni per un malato di cancro non sono una durata qualsiasi, ma è quel lasso di tempo senza presenza della malattia oltre il quale ci si può dire guariti, lo stesso tempo che Karin ha impiegato per tornare là dove tutto si era interrotto; nella sua sfida quotidiana questa ragazza ci ricorda in ogni incontro che anche davanti alla diagnosi che obbliga a resettare tutto il percorso fatto, non si riparte da zero: si riparte da se stessi.
Difendere dall’azzeramento la parte più interna di noi, il cosiddetto “vero sé”, è la missione primaria, in ogni sfida che la vita ci propone. Karin ce l’ha fatta, ce ne possiamo ricordare ogni volta che la vedremo in campo.
Cover Credits:
By si.robi (Knapp RG15) [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons