Atleti al tuo fianco: Gianluca Di Nicola

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Raccontarsi come sportivi per aiutare chi sta affrontando il cancro: questo è in sintesi il progetto “Atleti al tuo fianco”, guidato dal dottor Alberto Tagliapietra, medico chirurgo con diploma d’alta formazione in Psico-oncologia, e patrocinato da Arenbì Onlus. Gli atleti rispondono a domande mirate per raccontare momenti particolari della loro carriera e offrire spunti di ispirazione e reazione per chi si trova a vivere la quotidianità affrontando un tumore. Prende parte a questa sfida Gianluca Di Nicola, giovane promessa del tennis italiano.

Ciao Gianluca, benvenuto nel progetto Atleti al tuo fianco, in cui lo sport offre la possibilità di parlare di cancro e di quello che vivono quotidianamente le persone che lo stanno affrontando. La prima domanda ti dà modo di presentarti e di farti conoscere dai lettori di questa iniziativa, come uomo prima che sportivo: chi sei tu Gianluca Di Nicola al di fuori dai campi da tennis?

Ciao a tutti, mi chiamo Gianluca Di Nicola, vengo da Avezzano in provincia dell’Aquila, ho 21 anni e ho una grandissima passione per lo sport. Provengo da una bellissima famiglia che mi ha sempre aiutato e sostenuto in tutto, nello sport e in ogni iniziativa volessi intraprendere. Ho un ottimo rapporto con i miei genitori, proprio mio padre mi ha indirizzato verso l’attività tennistica. Una delle mie più grandi passioni sono gli animali: ho un cagnolino di nome Lucky, mi piace prendermi cura di lui e lui stesso mi fa stare bene, mi fa rilassare. Sono appassionato di benessere e alimentazione, sto molto attento a ciò che mangio; mangio pochissima carne, esclusivamente bianca, ma sono tendente a diventare completamente vegetariano, sia per l’amore per gli animali, sia per lo stile di vita salutare.

I ragazzi della tua età che si ammalano di cancro raccontano come uno degli aspetti influenzati pesantemente da un tumore è la condivisione del tempo con i coetanei: l’attuale livello evoluto delle terapie concede di uscire con gli amici, con alcuni accorgimenti anche di andare in vacanza, ma al tempo stesso sono molte le piccole rinunce cui si è costantemente sottoposti nelle iniziative della compagnia. Diventare un tennista professionista dà la possibilità di condividere tempo con i propri amici o obbliga a rinunciare ai momenti condivisi?

Mi alleno tutti i giorni ma sono un ragazzo come tutti, quando possibile cerco di divertirmi e di vivere la mia età. Però senza dubbio lo sport professionistico comporta delle rinunce: non li chiamo sacrifici, perché io ho scelto volontariamente un percorso che comporta di rinunciare ad alcune situazioni, chi incontra il cancro nella sua vita non lo sceglie assolutamente, per cui quelli sono senza dubbio dei sacrifici. Sono molte le situazioni che vorrei condividere con i miei amici ma non riesco: andare a concerti, uscire e fare tardi la sera… sono rinunce che faccio volentieri perché finalizzate all’obiettivo di diventare un tennista professionista.

Il rapporto con l’alimentazione per una persona che combatte il tumore è molto delicato: non si può mangiare tutto come in precedenza, cambia l’appetito, può cambiare la percezione dei sapori, la nausea e la mucosite possono fare la propria comparsa nel percorso delle terapie. Quando si ha di nuovo la possibilità e la volontà di mangiare quel che si preferisce, si vive uno dei passi in avanti più graditi. Tu hai detto di essere particolarmente attento all’alimentazione: essere un tennista professionista ti limita o ti toglie alcuni cibi che altrimenti farebbero parte della tua dieta base?

Sicuramente sì, ma bisogna approfondire un po’ il tema: ogni sportivo ha un tipo di fisico, io sono esile ed ho un metabolismo accelerato che non mi fa prendere peso, quindi posso anche concedermi qualche piccola trasgressione e il mio corpo non ne risente. Io sono di natura molto goloso, quindi se devo evadere il regime alimentare, lo faccio con un dolce; ovviamente devo stare molto attento, perché mangiando un dolce la sera dopo una gara, il mio corpo resta comunque un po’ intossicato. Io punto molto sugli alimenti di origine vegetale, quindi prevalentemente frutta e verdura, e sono molto attento a bilanciare carboidrati, in maggioranza, e proteine prima dei match. Quindi anche sotto il profilo alimentare le chiamerei rinunce, ma pure in questo caso è una scelta finalizzata e non un effetto collaterale che si subisce: a me piace star bene in campo grazie a come mangio, e di conseguenza anche fuori dal campo. Se cambiando l’alimentazione stai bene, sei contento delle rinunce; se lo stato di salute ti impone di rivoluzionare il rapporto con i pasti, allora la situazione è molto più severa.

In oncologia, la successione dei cicli di chemioterapia è una situazione faticosa per i pazienti, perché nonostante i disagi immediati che spesso comporta, gli effetti benefici della stessa si apprezzano a lunga distanza. Ci vogliono però molte tappe di sopportazione per arrivare al traguardo del miglioramento, questo può mettere a dura prova la tenuta emotiva di chi vi si sottopone. Nel tuo ambito sportivo, ti stai affacciando al circuito Challenger. Quando hai affrontato i turni di qualificazione hai spesso raggiunto, partita dopo partita, il tabellone principale: successivamente hai però perso al primo turno, quello oltre il quale vengono assegnati punti ufficiali ATP. Come convivi con la sensazione di faticare nelle qualificazioni per avvicinarti ad un traguardo che poi viene solo sfiorato e rimandato al futuro?

Non è facile per un tennista, ci vuole una grande forza mentale perché già il tabellone di qualificazione è una prova sportivamente intensa: devi superare tre partite per le quali già sai che, anche vincendo, non prenderai né punti né soldi. Il livello di queste qualificazioni è spesso molto alto, quindi non è per nulla facile vincere tre sfide, spesso giocate da me contro pronostico. Quando superi la prima tappa, devi essere subito pronto ad affrontare la successiva senza pensare troppo a quanto fatto e concentrandoti solo su quello che devi fare. Però per certi aspetti è anche un allenamento stimolante, perché ti obbliga ad accumulare sempre più partite che inevitabilmente una dopo l’altra migliorano la tua situazione. Lo scorso anno non avevo mai superato le qualificazioni, quest’anno a Todi ho perso all’ultimo turno e poi piano piano mi sono guadagnato diversi tabelloni principali. Piccola vittoria dopo piccola vittoria, aumenta la tua capacità e, in questo modo, anche la tua possibilità di vincere sfide del tabellone principale. La crescita e il miglioramento sono sfide a lungo termine che si concretizzano con la tenacia messa in ogni singola partita.

A Todi hai perso all’ultima partita di qualificazione con dei match point a favore; al successivo torneo in cui hai giocato le qualificazioni, a Perugia, all’ultimo turno hai perso il secondo set al tie-break, obbligandoti ad andare al terzo set. Hai tenuto lontani gli spettri della sconfitta di Todi e hai vinto il terzo set in maniera determinata, riuscendo quindi ad andare nel tabellone principale: raccontaci come hai fatto.

La mia testa in quel momento ha reagito esattamente così, perché la prima sensazione è stata di timore che si ripetesse la situazione vissuta a Todi e ancora una volta ci fosse solo un traguardo sfiorato e non raggiunto. Mi sono seduto in panchina al cambio di campo e mi sono detto che però questa volta avrebbe dovuto essere diversa, che dovevo metterci del mio perché si concretizzasse l’obiettivo perché, se avessi mollato, avrei reso certezza il fallimento. Così ho fatto tesoro della sconfitta precedente, ho iniziato il terzo set benissimo e con un break ho messo quel margine fra me e il mio avversario che mi ha portato alla vittoria finale. Certo, non è facile quando sembra sempre che si ripresentino scenari di insuccesso, posso solo immaginare cosa voglia dire per chi sta affrontando una malattia seria come un tumore. Però bisogna riuscire a farsi permeare dal coraggio, che è l’antidoto alle paure, perché molto spesso gli esiti si decidono molto più tardi rispetto ai presagi: a volte le cose sembrano mettersi male, ma non vuol dire che finiranno male. Si può reagire, si può vincere: mollare la presa regalerebbe la vittoria all’avversario, bisogna opporsi perché la sfida possa essere recuperata e nel momento in cui se ne verifichi l’opportunità, tu devi essere pronto a sfruttarla. Tutti i sacrifici fatti fino ad allora troveranno in un solo istante il proprio senso.

Grazie Gianluca per le tue parole, ora fai ufficialmente parte degli Atleti al tuo fianco, la tua mentalità sarà d’esempio e d’ispirazione per molte persone.

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