Atleti al tuo fianco: Thomas Fabbiano

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Parlare di lotta al cancro dialogando con sportivi professionisti riguardo alle loro sfide quotidiane sui campi e in palestra: questa la sfida coraggiosa lanciata dal progetto “Atleti al tuo fianco”, guidato dal dottor Alberto Tagliapietra, medico chirurgo di Montichiari con DAF in psico-oncologia e patrocinato dalla associazione Arenbì Onlus. L’atleta che oggi scende in campo in questa iniziativa è Thomas Fabbiano, tennista italiano di 27 anni top 100 del mondo nel 2016 e vincitore del Roland Garros junior in doppio nel 2007.

Ciao Thomas, benvenuto nel progetto “Atleti al tuo fianco”, oggi avrai modo di scendere in campo accanto a chi sta combattendo una sfida importante contro un tumore. La prima domanda che ti viene rivolta ti dà la possibilità di presentarti ai lettori come uomo prima ancora come tennista: chi sei tu Thomas Fabbiano fuori dal tennis? Raccontaci qualcosa di te che non possiamo sapere dalla tua attività sportiva.

Ciao a tutti, per me è un piacere contribuire a questa intervista. So benissimo l’importanza che riveste lo sport nella vita quotidiana di molte persone, anche una semplice chiacchierata al bar tra amici può essere un momento di distrazione per coloro i quali passano momenti difficili. Vengo da un paesino vicino Taranto, a pochi chilometri dalla famosa Ilva, un posto in cui la parola tumore è ormai all’ordine del giorno. Per questo motivo mi sento ancora più in dovere di dare nel mio piccolo una mano a contribuire a questi progetti. Sono molto legato alla mia famiglia e avere il loro supporto nella mia crescita umana e tennistica è stato fondamentale. A primo impatto sono abbastanza riservato e solo dopo aver capito bene chi mi sta davanti, decido se è il caso di esprimere davvero i miei pensieri ed emozioni. Mi piace tantissimo vedere che la gente stia bene e sia felice. A volte è capitato che abbia preso delle scelte che facevano più comodo ai miei amici invece che a me stesso, proprio per il fatto di questa emozione di rendere felice chi mi sta vicino. Al contrario, la cosa che più mi rattrista è vedere gente che approfitta della bontà e generosità altrui. Se questo accade nei miei confronti, sono molto schietto a prendere le distanze da quella persona. Il mio pregio, che allo stesso tempo puó essere un difetto, è che sono molto perfezionista: in alcuni casi non sono pienamente soddisfatto del risultato ottenuto quando invece guardare il “bicchiere” dal lato giusto ti permette di avere più chiarezza su quanto avvenuto. Per il resto sono un ragazzo abbastanza semplice a cui piace essere circondato da persone positive e intraprendenti, un ragazzo che aveva come sogno quello di diventare un giocatore di tennis professionista e posso dire di esserci riuscito.

Quando combatti il cancro, ci possono essere momenti di particolare intensità emotiva, durante i quali risulta difficile compiere azioni semplici come alzarsi dal letto e portare a termine piccole attività quotidiane. Se non vi è un supporto adeguato, chi si ritrova in queste condizioni tende a colpevolizzarsi, ma in realtà è normale che queste situazioni si presentino ed è molto importante stabilire piccolissimi obiettivi da raggiungere per intraprendere una direzione di recupero emotivo lenta ma progressivamente positiva. Ti è mai capitato di vivere periodi difficili nel tuo percorso tennistico durante i quali il raggiungimento di un semplice secondo turno potesse essere considerato per te un risultato momentaneamente soddisfacente?

Si, mi è capitato molte volte di non essere soddisfatto del mio rendimento o addirittura mettere in dubbio le mie qualità. Sono passaggi che solamente con l’esperienza capisci che capitano a tutti ma quando capitano a te stesso ti fanno perdere le certezze sulle quali ti eri basato fino a quel momento. Due anni fa è arrivato un momento in cui mi erano venuti tanti dubbi, non riuscivo a esprimere il mio gioco e ho dovuto toccare il fondo prima di risalire la china. Durante i periodi difficili, la vicinanza delle persone che ti vogliono bene è la cosa più importante e mi reputo fortunato sotto questo aspetto.

Chi affronta un tumore maligno si rende conto di come sia variabile il confronto con la pressione emotiva nei riguardi della malattia, che è un nemico molto subdolo: infatti non sempre ad una diagnosi ottimistica corrisponde un percorso emotivamente più leggero, è fondamentale essere guidati nella gestione della pressione causata dal “dover guarire”, che non è un alleato nella quotidianità. Come hai vissuto tu personalmente il passaggio da giovane a professionista, dopo aver raccolto ottimi risultati nel circuito junior con la presenza di una certa pressione come talento del futuro del tennis italiano, che vedeva a sé abbinata un certo “dovere di vincere”?

Il passaggio da junior a professionista è un momento complicato quasi per tutti. Da un mondo in cui affronti sempre ragazzi della tua età, passi ad un circuito in cui dall’altra parte della rete puoi trovare persone di venti anni più grandi con tantissima esperienza, oppure giocatori che fino a quel momento si sono dedicati allo studio attraverso il college. È uno step fondamentale che si supera attraverso la consapevolezza e il lavoro quotidiano. Personalmente ho avuto più difficoltà di quanto immaginassi: sulla scia dei risultati positivi fino ai 18 anni, pensavo di aver raggiunto un livello ed una maturità abbastanza elevata per scalare il ranking più velocemente. In quegli anni giocavo con pochi pensieri e senza nulla da perdere; nel momento in cui gli avversari hanno trovato le contromisure sono arrivate diverse sconfitte. A quel punto mi sono reso conto di dover lavorare ancora più duramente per raggiungere determinati risultati.

Un momento molto delicato del percorso oncologico si verifica con gli esami di controllo: dover affrontare un nuovo responso riguardo allo stato della malattia, anche quando si sono interrotte le terapie e si prosegue solo in controlli di follow-up, rimette in discussione le certezze emotive acquisite precedentemente e minaccia enormemente l’equilibrio mentale nel vivere la quotidianità in avvicinamento all’esame. Nel tuo sport, come riesci a convivere con le partite da giocare in un torneo in cui l’anno precedente hai ottenuto buoni risultati e che, quindi, ti rimette in gioco una grande quantità di punti che avevi acquisito?

Nel tennis, essendo uno sport dalla classifica annuale, conta molto il risultato ottenuto la stessa settimana dell’anno precedente: è uno degli incubi per un giocatore di tennis. Scherzi a parte, il segreto è quello di pensare partita dopo partita soprattutto in quei periodi in cui devi vincere il torneo per non perdere posizioni in classifica. Facile a dirsi, più difficile a farsi. Ogni settimana abbiamo un esame da superare, un’occasione per raccogliere ciò che si è seminato negli anni precedenti: per questo motivo siamo sotto pressione per tutto l’arco dell’anno e chi riesce a gestirla meglio si trova davanti agli altri nel ranking. Personalmente ricerco nell’allenamento giornaliero e negli affetti che ho vicino la forza di vivere il presente e guardare quello che ho a disposizione per crescere.

Avere a che fare con un avversario ostico è una situazione ben nota in chi combatte un cancro: sai che devi dare il massimo in ogni momento per poter mantenere costantemente vivo l’obiettivo di sconfiggerlo. Nel 2013, dopo aver passato le qualificazioni degli U.S.Open, il sorteggio ti ha riservato al primo turno un match contro Milos Raonic, tennista canadese top10 della classifica mondiale. Come si affronta un avversario che, sulla carta, sembra impossibile da battere ma che, allo stesso tempo, rappresenta una grande occasione di svolta?

Ricordo bene quel momento: il sorteggio non è stato dei migliori ma è stata una delle esperienze che ho dentro di me e che mi ha aiutato e mi aiuterà nel corso della mia carriera. Quando ho dall’altra parte della rete un avversario obiettivamente più forte cerco di non pormi immediatamente l’obiettivo di vincere perché potrebbe essere un traguardo troppo lontano, perciò cerco di concentrarmi sul giocare il mio tennis e farlo nel miglior modo possibile: è solo colpo dopo colpo che si può arrivare a raggiungere il traguardo della vittoria. Permettimi di dire una cosa: è stato un grande piacere per me contribuire a quest’iniziativa e spero che questa intervista possa far sorridere persone che lottano contro una malattia. Un abbraccio a tutti, non mollate mai.

Grazie Thomas per le tue parole, non hai regalato solo sorrisi ma anche spunti concreti di ispirazione, il tuo esempio sul campo da tennis da oggi sarà sempre fonte di energia per chi avrà letto questo contributo: questo farà di te in ogni colpo e in ogni partita, un atleta al fianco di chi sta combattendo contro il cancro, una sfida per la quale sei sicuramente un tennista e soprattutto un uomo all’altezza del compito richiesto.

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